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“Barbie”- film: l’iconica bambola può essere tutto e il contrario di tutto…

"Sin dalla notte dei tempi, da quando esistono le bambine, esistono anche le bambole. Ma le bambole erano sempre bambolotti, fino a quando arrivò lei..."

Prendi una calda domenica di fine luglio prevacanziera e due amiche storiche che decidono di trascorrere la serata al cinema scegliendo come film lo sponsorizzatissimo “Barbie” proprio perché si ha voglia di leggerezza, così tanta leggerezza che decidiamo anche di seguire il trend mediatico di vestirci per l’occasione come l’iconica bambola. Risate a crepapelle appena ci siamo viste sotto casa: io una sorta di Barbie Hawaii (o California, così mi prospetto verso la meta imminente delle mie vacanze), lei più “Barbie Pop”. Un selfie in ricordo di una delle più belle risate condivise e via al cinema, pronte a sbellicarci anche qui. Ma non è stato così, o meglio, non solo così. L’ironia sottile c’è sicuramente nel film in questione, così come la magistrale ricostruzione di quel mondo pink che ci ha ricordato perfettamente le noi di tanti anni fa, ma ho percepito accanto agli elementi tipici di una commedia-musical anche quelli caratteristici di un racconto di formazione in cui Barbie può essere tutto e il contrario di tutto, contemporaneamente. Uno stereotipo femminile creato dallo sguardo maschile o l’emblema dell’emancipazione? Sogno o mercificazione? La bambola più amata o odiata? Icona celebrata o demolita? Anche ricostruita, per renderla più simile ad una donna reale. Ricostruire un’icona per sua stessa definizione è però un paradosso. Insomma un film che va sicuramente ben oltre il mondo rosa della nostra infanzia. Da vedere. In leggerezza e non.